CoopUp Bologna, incontro V: la riforma del Terzo Settore, l’impresa sociale e la governace cooperativa

Il quinto appuntamento di CoopUP Bologna – il percorso di  formazione, incubazione e networking promosso da Confcooperative Bologna Kilowatt, in collaborazione con Emil Banca e Irecoop Emilia Romagna, con il contributo della Camera di Commercio di Bologna,– dello scorso 10 gennaio si è suddiviso in due momenti distinti: durante la prima parte dell’incontro i partecipanti hanno messo in pratica quanto fatto fino a ora, confrontandosi e riflettendo in gruppi sulla validation timeline e l’action learning (ne abbiamo parlato qui) applicandoli alle proprie idee e progetti di impresa. La seconda parte, invece, è servita per approfondire con Samanta Musarò [Kilowatt] e Letizia Fabbri [Confcooperative Bologna] gli argomenti seguenti.

1_Riforma del Terzo Settore e impresa sociale

Il primo è stato la Riforma del Terzo Settore del 2016; innanzitutto, è importante chiedersi: perchè è stata necessaria una riforma?

Dando un’occhiata ai numeri è evidente che il Terzo Settore, per persone impiegate, impatto sul territorio e per tipo di servizi offerti, ha un ruolo importante all’interno dell’economia del Paese. Perciò si è sentito il bisogno di far emergere, valorizzare e riconoscere il capitale sociale superando una situazione frammentata e semplificando la legislazione di riferimento.

L’obiettivo è quello di modernizzare la strumentazione legislativa consentendo ai soggetti del Terzo Settore di diventare attori dell’innovazione sociale.

Pertanto nel 2017 sono nati 4 nuovi D.Lgs

Le finalità di questa riforma sono:

  • sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune;
  • elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno sviluppo della persona;
  • valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa.

Gli enti del Terzo Settore:

  • perseguono attività civiche, solidaristiche e di utilità sociale;
  • non hanno scopo di lucro;
  • sono finalizzati alla realizzazione e alla promozione di interessi generali
  • sono iscritti al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUN)
  • gli enti riconosciuti e non riconosciuti

Per fare alcuni esempi: Organizzazioni di volontari, Associazioni di Promozione Sociale, Enti Filantropici, Reti Associative, Imprese Sociali, incluse le coop soc., Società di Mutuo Soccorso, Fondazioni,  associazioni riconosciute o non riconosciute ecc.

Le novità della riforma sono:

  1. viene riconosciuta alle organizzazioni del Terzo Settore la possibilità di svolgere attività economico – imprenditoriali;
  2. è stata introdotta l’iscrizione al Registro Unico del Terzo Settore, per superare la frammentarietà esistente [non ancora attivo];
  3. riconoscimento della personalità giuridica: la differenza tra le due tipologie risiede nella responsabilità patrimoniale per le obbligazioni contratte dall’ ente: negli enti riconosciuti delle obbligazioni dell’ente risponde solo l’ente con il suo patrimonio; negli enti non riconosciuti, se il patrimonio dell’ente non è sufficiente a far fronte ai debiti che l’ente ha contratto, del relativo adempimento sono responsabili anche coloro che hanno agito per conto dell’ente, i quali pertanto ne rispondono con il loro personale patrimonio.
  4. introduzione del concetto di valutazione di impatto (ne abbiamo parlato anche qui): per la prima volta si parla della valutazione dell’impatto che le azioni hanno sul territorio e nel contesto sociale. Il tema della valutazione di impatto sposta l’attenzione dagli outpt (servizi sviluppati) agli outcome (effetti sul territorio): non è una valutazione sull’organizzazione, ma su quello che l’organizzazione realizza. L’introduzione di questo principio invita tutte le organizzazioni operanti nel 3° settore a interrogarsi sugli effetti e sul cambiamento che le proprie attività generano nel lungo periodo e obbliga in un certo senso a progettare le proprie attività in base all’impatto: quale cambiamento si genera e che tipo di risorse servono per ottenerlo?

Lo strumento giuridico più interessante messo in campo dalla riforma è l’impresa sociale: non è un nuovo tipo di impresa, ma una qualifica che viene attribuita agli enti che hanno specifiche finalità e operano in un certo modo, generando impatto nel contesto sociale. Possono essere riconosciute come imprese sociali quelle organizzazioni che svolgono le seguenti attività:

  •  interventi e servizi sociali
  • interventi e prestazioni sanitarie;
  • prestazioni socio-sanitarie;
  • educazione, istruzione e formazione professionale, nonché le attività culturali di interesse sociale con finalità educativa;
  • interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi;
  • interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio;
  • formazione universitaria e post-universitaria;
  • ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
  • organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale, incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica del volontariato, e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;
  • radiodiffusione sonora a carattere comunitario;
  • organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
  • formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo ed al contrasto della povertà educativa;
  • servizi strumentali alle imprese sociali o ad altri enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non inferiore al settanta per cento da imprese sociali o da altri enti del Terzo settore;
  • cooperazione allo sviluppo;
  • attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell’ambito o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata situata, di norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato a promuovere l’accesso del produttore al mercato, e che preveda il pagamento di un prezzo equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l’obbligo del produttore di garantire condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in modo da permettere ai lavoratori di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettare i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;
  • servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei lavoratori e delle persone;
  • alloggio sociale, nonché ogni altra attività di carattere residenziale temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;
  • accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
  • microcredito;
  • agricoltura sociale;
  • organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
  • riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.

Inoltre, possono essere riconosciute come impresa sociale anche quelle realtà che dimostrano di impiegare nelle proprie attività una percentuale di soggetti svantaggiati, categoria che è stata ampliata e in cui rientrano, per esempio, ex detenuti o persone uscite dal mercato del lavoro e che non sono state reinserite.

Inoltre, un’impresa, per essere riconosciuta impresa sociale, deve: 1) perseguire finalità sociali e solidaristiche; 2) non deve avere finalità lucrativa, ma reinvestire gli utili nell’attività stessa; 3) avere un impatto sul territorio.

Infine, l’impresa sociale ha una governance trasparente e collaborativa: ciò significa che tutti i soggetti interessati, anche i beneficiari dei servizi, devono essere coinvolti nelle decisioni e nella gestione. Per fare un esempio: una srl che gestisce un servizio di cohousing, cioè immobili affittati a condizioni vantaggiose per soggetti svantaggiati, deve coinvolgere nel Consiglio di amministrazione anche gli inquilini.

2_Governance Cooperativa

Nel momento in cui si decide di realizzare una impresa, è necessario definire la forma giuridica della stessa, che dipende dal tipo di attività che si intende sviluppare. Bisogna tenere presente che la forma giurudica non è qualcosa di definitivo: a seconda dello stadio di avanzamento del progetto, è possibile scegliere una forma giuridica anzichè un’altra. Inoltre, le forme giuridiche possono coesistere. Per fare un esempio: la stessa Kilowatt ha tre forme giuridiche coesistenti per ognuna delle attività che svolge: associazione di promozione sociale, Società Cooperative e SrlU che hanno obiettivi e attività diverse.

Tra le forme giuridiche esistenti, è stata approfondita la forma cooperativa, caratterizzata dal cosidetto scopo mutualistico: una cooperativa nasce infatti per fornire ai propri soci beni, servizi o occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato. A seconda del tipo di attività è poi possibile distinguere tra:

  • cooperative di utenza: la mutualità si realizza attraverso la messa a disposizione dei soci di beni e/o servizi prodotti o commercializzati dalla cooperativa. I soci delle cooperative di utenza sono quindi gli utenti e/o i consumatori che beneficiano direttamente dei beni e/o dei servizi da questi realizzati e offerti. Esempi di questo tipo di cooperative, sono le cooperative di consumo e le cooperative edilizie;
  • cooperative di lavoro: la mutualità consiste nel procurare occasioni di lavoro ai propri soci a condizioni vantaggiose rispetto al mercato. Le cooperative di produzione e lavoro sono presenti in tutti i settori di attività. Nella cooperativa di lavoro il socio instaura due tipologie distinte di rapporto: uno di natura societaria, uno di lavoro.
  • cooperative di supporto: i soci, imprese e/o singoli imprenditori beneficiano dei vantaggi che l’impresa cooperativa consente di realizzare ottimizzando la produzione di beni e/o l’erogazione di alcuni servizi comuni. Tra queste annoveriamo le cooperative agricole e di trasporto.

In particolare, ci siamo soffermati sulla cooperativa sociale: infatti, tutte le cooperative sociali sono imprese sociali di diritto, poichè svolgono attività di pubblica utilità. Esistono due tipo di cooperative sociali: quelle di tipo A, socio-assistenziali e educative, e quelle di tipo B, che impiegano persone svantaggiate. La cooperativa sociale può impiegare dei soci volontari, che non devono però superare il 50% dei soci complessivi.

3_Prossimi appuntamenti

La quarta edizione di CoopUP Bologna sta volgendo al termine: venerdì 18 gennaio si terrà l’ultimo seminario riservato ai partecipanti  e dedicato alla redazione del Business Plan; giovedì 24 gennaio concluderemo con l’ultimo appuntamento MrWolf su Prototipazione e testing (qui l’evento Facebook).

Per informazioni scrivete a coopupbologna@confcooperative.it

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *