CoopUP Bologna: ultimo appuntamento su Business plan e Capacity Building collettivo

Lo scorso 14 febbraio si è tenuto l’ultimo incontro di formazione di CoopUP Bologna, il percorso di networking e incubazione di Confcooperative Bologna e Kilowatt, in collaborazione con Irecoop e BCC Emil Banca presso le Serre dei Giardini Margherita.

Prima di chiudere definitivamente questa edizione del percorso con l’ultimo appuntamento MrWolf di martedì 20 febbraio, proviamo a tirare le fila di quanto fatto in questi mesi.

Durante questo ultimo incontro, abbiamo approfondito il business plan e il capacity building.

Il Business Plan

Il Business Plan è lo strumento che serve a mettere insieme e riassumere tutto quello che è stato affrontato durante il percorso. È un documento che illustra in modo quantitativo e qualitativo le strategie future del progetto e le azioni da intraprendere per perseguire tali strategie. Un business plan deve essere chiaro, attendibile, affidabile e completo e, generalmente, copre un periodo prospettico di tre/cinque anni.

Nella redazione è consigliabile seguire una struttura che preveda l’approfondimento di alcuni punti essenziali, che trovate di seguito:

  1. executive summary: riassume il progetto, le sue finalità e le attività da sviluppare per raggiungere gli obiettivi. Il consiglio è di farlo alla fine, dopo aver redatto le altre parti del Business Plan, per avere un’idea complessiva più chiara e definita;
  2. governance: chi sono le persone e le organizzazioni che lavorano al progetto? Che competenze hanno che sono utili alla realizzazione dell’idea?;
  3. identità: spiegate la vision (l’ideale che volete realizzare, l’impatto che pensate di generare) e la mission (chi siete, cosa volete fare e come lo fate);
  4. contesto: il territorio in cui si sviluppa il progetto, ma anche il contesto socio-economico o ambientale;
  5. target e pubblici: a chi vi rivolgete, chi può essere interessato al progetto. Ricordate che c’è differenza tra clienti (pubblico pagante) e beneficiari (chi usufruisce dei servizi senza pagarli direttamente);
  6. bisogni: quali bisogni dei vostri pubblici state risolvendo o volete risolvere;
  7. offerta e soluzione: come il progetto vuole soddisfare i bisogni individuati;
  8. proposta di valore: il valore del progetto, perché si differenzia dai competitors (insomma, tutto quello che avete scritto nel Value Proposition Canvas!)
  9. impatto: qual è il cambiamento generato dal progetto;
  10. elementi innovativi: quali sono gli elementi che rendono l’idea diversa da tutte le altre;
  11. mercato e competizione: descrivete il lavoro di benchmarking che avete fatto;
  12. modello economico: il piano dei conti, con costi e ricavi;
  13. risorse disponibili e quelle da acquisire: le risorse, sia umane che materiali, che servono per sviluppare il progetto;
  14. gestione dei rischi: descrivete eventuali scenari che possono compromettere il vostro progetto (normative restrittive, clima avverso ecc.)
  15. indicatori fondamentali (KPI – Key Performance Indicators): i cosiddetti indicatori di performance, che servono a monitorare e misurare – nel lungo periodo – l’andamento del progetto, i risultati e gli impatti. Gli indicatori devono essere decisi da voi stessi – anche insieme a eventuali partner o clienti – per individuare cosa monitorare e come. Per esempio, per chi propone corsi di formazione o eventi, un indicatore può essere il numero di partecipanti o il numero di corsi/iniziative offerte. Gli indicatori servono a misurare l’impatto sociale del progetto, cioè gli effetti sociali e l’impatto sulla società determinati da specifiche attività di un’impresa sociale. Nella definizione degli indicatori tenete presente che:

“qualsiasi metodo di misurazione va elaborato a partire dai risultati principali ottenuti dall’impresa sociale, deve favorirne le attività, essere proporzionato e non deve ostacolare l’innovazione sociale.

“Il metodo dovrebbe prefiggersi di trovare un equilibrio tra dati qualitativi e quantitativi, nella consapevolezza che la ‘narrazione’ è centrale per misurare il successo”. (CESE, 2013)

Perciò gli indicatori devono essere: quantificabili (definibili sotto forma di numeri), pratici (utilizzabili e coerenti col progetto), direzionali (aiutano a fare delle valutazioni e a determinare l’andamento del progetto), operativi (applicati a un contesto, devono aiutare a capire il cambiamento che sta avvenendo).

16. piano di azione: le attività che dovete svolgere per raggiungere gli obiettivi che vi siete prefissati (a 12 mesi e a 3 anni).

Il Business Model Canvas – redatto all’inizio del percorso – può essere d’aiuto per la compilazione: ad esempio, i partner e i segmenti di pubblico sono utili per descrivere la sezione target e pubblici, mentre le attività chiave per la definizione dei costi, o ancora le risorse chiave per descrivere le risorse – umane e materiali – disponibili e da reperire. La stessa analisi benchmark serve per descrivere i competitors.

Ultimi consigli:

  1. siate comprensibili: il business plan è uno strumento utile a comunicare con potenziali finanziatori, quindi siate chiari e sintetici (farlo leggere ad altri è sempre utile). 
  2. siate leggibili: utilizzate font chiari e sobri, non troppo piccoli e utilizzate i grassetti per evidenziare le parole chiave.
  3. usate foto e grafiche esplicative (senza eccedere). Per esempio, potete usare citazioni che riassumano gli obiettivi e la vision del progetto; oppure, se state descrivendo una attività che intendete implementare, potete aggiungere una foto che sia esplicativa dello stato dell’arte.

 

Capacity Bulding

Nella seconda parte dell’incontro, abbiamo parlato di capacity building e degli strumenti utili a far emergere le competenze e capacità di ogni singolo e ogni gruppo. Gaspare [Kilowatt] ha anche brevemente spiegato come CoopUP Bologna sia il primo esperimento di incubazione in cui si passa da una logica familiare e competitiva (diverse realtà che competono per risorse limitate) a una tribale e collaborativa, in cui le diverse competenze sono messe a disposizione, in una logica di scambio e vantaggio collettivo (se volete approfondire l’argomento, qui trovate una riflessione in merito).

Il percorso CoopUP Bologna, inoltre, si è concentrato principalmente sulle competenze trasversali (le cosidette soft skills) e sulle attitudini di ogni partecipante; questo approccio permette di abbassare il livello di stress in un gruppo di lavoro e dividersi i ruoli, in relazione alle capacità di ogni componente.

La giornata si è conclusa con un momento di confronto collettivo: ogni realtà si è presentata, esplicitando il proprio Minimum Viable Product e le ipotesi che intende validare.  Ecco, di seguito, tutte le realtà partecipanti al percorso:

  • DICO – Didattica dell’Italiano per la cultura orale: il progetto è nato per  creare – insieme agli insegnanti e ai migranti – un prodotto didattico che faciliti l’apprendimento della lingua italiana per i migranti.
  • IMA: esperienze di diversity management per il terzo settore.
  • VOCAL RECAP: tradurre unità didattiche in video con e per ragazzi con disturbi apprendimento e bisogni educativi speciali
  • COWORKING DEL SÈ: gruppo multidisciplinare che crea percorsi su misura per il benessere e la cura della persona con semplicità e leggerezza per diffondere il benessere circolare (la relazione tra persone, ambiente e comunità).
  • ASSOCIAZIONE TREES: realizzazione parco diffuso in permacultura dove mettere a dimora piante per la dispersione delle ceneri e piantumare nuovi alberi per nuove nascite.
  • KATRIEM: proporre una metodologia che unisca arte di relazione e partecipazione ed educazione non formale per le imprese e la loro responsabilità sociale.
  • NOS – take care arts: introdurre la figura del producer nel sistema dell’arte; sposare la sensibilità del curatore alla concretezza del producer.
  • OSSERVATORIO WATERGRABBING: comunicazione ambientale, impact journalism e advocacy per riconoscimento del diritto umano all’acqua nel mondo.
  • LOCAL PAL: promozione dell’ospitalità e del principio dell’home sharing; servizi agli host – esperti o meno – e ai guest, coerenti con i principi di home sharing.
  • CAPSULA: design market in tre declinazioni: versione online, offline e consulenza.
  • FOIATONDA- progetto cooperativa paese:  punta alla riscoperta per i singoli cittadini e allo sviluppo di pacchetti turistici per il territorio appenninico attorno a Madonna dei Fornelli (turismo paesaggistico, enogastronomia, ecc.).
  • VICINI D’ISTANTI: cucire tessili (abiti, arredamenti, allestimenti, sfilate) e relazioni (creare prodotti insieme, contaminando tessuti, linguaggi e stili) per arricchirsi reciprocamente, abbattere stereotipi e impiegare ragazzi migranti.
  • PING: diffondere parchi gioco ad alta qualità estetica e funzionale, per esaltare capacità fisiche – psichiche e relazionali dei bambini.
  • CO-OCCUPIAMOCI: centri di ascolto per disoccupati e inoccupati, gruppi di lavoro in cooperativa sociale per creare un reddito e sostenere anche i gruppi più deboli

Vi ricordiamo l’ultimo appuntamento MrWolf martedì 20 febbraio alle 18.00 c/o la Gabbia del leone alle Serre dei Giardini Margherita. Parleremo di business plan e accesso al mercato con Katriem e, in veste di MrWolf, Filippo Fabbrica (Community manager presso l’Urban center del Comune di Bologna) e Francesca Lambertini (Co-founder e project manager di BAM- Strategie Culturali).

Qui l’evento Facebook.

L’incontro è aperto a tutti e non è necessaria iscrizione. Per informazioni, scrivete a coopupbo@confcooperative.it

Di seguito, le slide dei relatori.

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